giovedì 10 dicembre 2015

JunkBox - Islandesi e pozzanghere


Essenza filosofica di questa rubrica: non venitemi a dire "mi piace la musica  ma ascolto solo indie-rock". È come dire "mi piace la frutta ma ingollo solo banane nere": qui ce ne freghiamo della classificazione in generi musicali.
Se vi piace la Musica ve ne sbattete le olive e ascoltate tutto quello che vi capita sott'orecchio, ve ne fregate se gli altri vi dicono che questo o quell'artista suonano alla cazzo (anche se, a dirla tutta, Ron Jeremy ha eseguito dei brani sbattendo il suo arnese sul pianoforte), se quel tale è mainstream o se lo ascoltano solo nei bagni della stazione dei treni di Calcutta. Qui si ascolta di tutto, senza pregiudizi e senza tante storie.

Non vi aspettate dei post alla Noisey o alla Rolling Stone dove non si capisce una benedetta fava e avete imparato sull'artista tanto quanto un muratore uzbeko sul limite di Chandrasekhar. Ogni tanto vi lascerò dei pezzi che per me sono interessanti e a cui potrete dare o meno un ascolto: tutto sta in voi.

Oggi parto con un trittico, pezzi connessi dalle emozioni che trasmettono, dalla purezza dei suoni e armonie. Siete seguaci di Ludovico Einaudi e dopo esservi esaltati per i pezzi solo-piano vi han lasciato un po' delusi le sinfonie dell'ultimo album (Elements)? Siete passati agli ambienti infiniti evocati dai pezzi dei Sigur Ròs ma siete insaziabili e volete sempre di più?
Se siete alla ricerca di quel qualcosa di più per essere in pace con voi stessi nella ricerca della quintessenza musicale, cuffie in testa e via.
Si parte con un pezzo impronunciabile di Olafur Arnalds (album: ...And They Have Escaped the Weight of Darkness), artista islandese; si passa per Jònsi & Alex (compaesani del primo) con Happines e si chiude con un pezzo degli M83 (Un Noveaus Soleil).
Ditemi che ne pensate.




Francesco

Nessun commento:

Posta un commento